Ciao a tutti i cari lettori. Dovendomi confrontare con una realtà che mi affligge, chiedevo vostro parere su il seguente argomento.
I candidati al battesimo dei testimoni di Geova in occasione di assemblee sono invitati ad alzarsi e a rispondere a voce alta alle seguenti due domande:
1. Ti sei pentito dei tuoi peccati, ti sei dedicato a Geova e hai accettato il modo in cui lui provvede la salvezza tramite Gesù Cristo?
2. Comprendi che con il battesimo dimostri pubblicamente che oggi diventi testimone di Geova e che entri a far parte dell’organizzazione di Geova?
La risposta affermativa a queste domande da parte dei candidati al battesimo costituisce una “dichiarazione pubblica” che hanno riposto fede nel riscatto e si sono dedicati completamente a Geova (Rom. 10:9, 10).Sebbene la prima domanda risponda pienamente alla ragione per cui un candidato si battezzi, fino a che punto la seconda domanda può essere legittimata dal punto di vista scritturale?Questa domanda sorge a seguito di questa riflessione: La prima domanda si fonda su basi bibliche molto solide: Pentimento
(Atti 3:19) – “Pentitevi dunque e cambiate vita…”Dedicazione a Dio:
(Romani 12:1)– “Presentate i vostri corpi come sacrificio vivente, santo e gradito a Dio…”
Fede nel riscatto di Cristo: (Giovanni 3:16; Romani 10:9,10) – “Se con la tua bocca riconoscerai che Gesù è Signore e nel tuo cuore crederai che Dio lo ha risuscitato dai morti, sarai salvato.” Questa parte rispecchia pienamente il modello del battesimo cristiano nel I secolo, dove il candidato dichiarava pentimento, fede in Cristo e desiderio di servire Dio.
La seconda domanda è a mio avviso abbastanza discutibile.
Per analizzarla, la divido in due concetti:
a) “Diventare testimone di Geova” – fondamento implicito ma non esplicito perché i cristiani del I secolo erano chiamati “testimoni” in quanto proclamavano il nome di Dio e il messaggio riguardo a Cristo. (Atti 1:8) – “Mi sarete testimoni a Gerusalemme, in tutta la Giudea e Samaria e fino all’estremità della terra.”(Isaia 43:10-12) – “Voi siete i miei testimoni, dice Geova…”
Posso concludere che, sebbene il termine “Testimone di Geova” non sia mai stato usato come nome di un’organizzazione nel I secolo, l’idea di essere testimoni di Dio è coerente con la Bibbia.Tuttavia, nei tempi biblici non era una condizione per il battesimo accettare un’etichetta o un nome religioso specifico e qui subentra il punto discutibile e delicato:
b) “Entrare a far parte dell’organizzazione di Geova”
Questa espressione è quella più problematica dal punto di vista scritturale, perché: Nel Nuovo Testamento il battesimo rappresenta l’inizio di un rapporto personale con Dio e Cristo, non l’adesione formale a una struttura organizzativa umana.
(Galati 3:27) – “Voi tutti che siete stati battezzati in Cristo vi siete rivestiti di Cristo.” (Atti 2:41) – “Quelli che accolsero la sua parola furono battezzati; e quel giorno furono aggiunte circa tremila persone.” (aggiunte alla congregazione dei credenti, non a un’organizzazione registrata)
Gesù non disse mai che il battesimo avrebbe significato “entrare in un’organizzazione”, bensì diventare suo discepolo:(Matteo 28:19,20) – “Andate dunque e fate discepoli… battezzandoli nel nome del Padre, del Figlio e dello spirito santo…”
In altre parole, l’adesione a un’organizzazione specifica non è mai stata una condizione battesimale nelle Scritture. Essa è una prassi sviluppata successivamente come parte della struttura amministrativa dei Testimoni di Geova, ma non è un requisito indicato da Gesù o dagli apostoli.
Ritorno quindi alla domanda iniziale:
Fino a che punto la seconda domanda può essere legittimata dal punto di vista scritturale?
Cordiali saluti.
FD
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